[ 26 Ottobre 2022 by soagroutente 0 Comments ]

SoAgro LE ROTTE DEL FOOD&WINE

+182% di vini veneti esportati in Cina nel 2022, grazie anche alla cooperazione

Il settore vitivinicolo veneto guarda alla Cina con numeri da record e pensa a soluzioni innovative e in rete per superare la crisi geopolitica ed energetica

Al Festival dell’agroalimentare Veneto di Irecoop Confcooperative le cooperative vitivinicole incontrano esperti di export e mercati internazionali per affrontare insieme le sfide della crisi energetica

770 milioni di dollari. E’ questo il vuoto che diventa opportunità per il settore vitivinicolo italiano, lasciato dai produttori di vino australiano nel mercato cinese.

Occasione che non si stanno facendo sfuggire gli operatori veneti, tanto che l’export verso la Cina di vini veneti è cresciuto nel 2021 del 43.2%

Percentuale che diventa eccezionale nel 2022. Le esportazioni di vini veneti in Cina in termini di fatturato ha fatto registrare  una crescita del 182% nell’ambito del progetto Go East.

Il segreto?

Essere fornitori affidabili per il mercato cinese, soprattutto nel periodo pandemico, riempiendo spazi di mercato lasciati vuoti da partner precedenti della Cina, come appunto l’Australia.

A “dare i numeri” è Jing Li, responsabile del mercato Cina per Irecoop Veneto: “Le cantine italiane – spiega Jing Li – ora hanno grandissime opportunità in Cina e non possiamo scappare nonostante il clima attuale di grande instabilità politica. L’importante è continuare a lavorare. Come superare le difficoltà? Stringendo ancora di più i rapporti e creando una collaborazione strettissima, andando assieme a proporre i nostri prodotti”.

Una giornata di confronto e di riflessione, organizzata da Irecoop Veneto, ente strumentale di Confcooperative del Veneto, ha posto al centro il food&wine veneto nei mercati internazionali, tra crisi post Covid, scenario geopolitico ed energetico attuale.

Le sfide per le cooperative vitivinicole venete sono molte e parlano di innovazione, di approdo in nuovi mercati per abbattere i costi di produzione e mantenere la crescita delle esportazioni.

“La cooperazione, soprattutto nel settore vitivinicolo è fondamentale: aggrega in organizzazioni di produttori, cooperative, consorzi di secondo livello. In questo modo tutta la piccola agricoltura può rimanere tale garantendo qualità, tracciabilità e controllo della filiera. L’obiettivo è far sì che unendosi anche le piccole aziende abbiano l’opportunità di raggiungere anche la Cina, gli USA e qualsiasi mercato” spiega Daniela Galante, Direttore di Irecoop Veneto. 

Il Veneto è la terza regione italiana per export di prodotti agroalimentari, per un totale di 7.8 miliardi nel 2021. Le prospettive di crescita non mancano, puntando su quelle si vinceranno le sfide che il settore agroalimentare veneto si trova ad affrontare a causa della crisi energetica e dell’instabilità dello scenario internazionale. Le previsioni di Denis Pantini, responsabile agroalimentare wine monitor di Nomisma, prefigurano un orizzonte di stagflazione, aumento dei costi di produzione e diminuzione della capacità di acquisto che colpiranno mercati, produttori e consumatori soprattutto europei.

Le conseguenze si inizieranno a manifestare a fine anno e poi prepotentemente nel 2023, mentre nel primo semestre 2022 le esportazioni  di prodotti agroalimentari veneto stanno ancora crescendo.

Sottolinea Denis Pantini: “La crisi che si sta verificando è asimmetrica: i mercati europei soffriranno di più, quelli americani meno, mentre in Cina si presume ci saranno iniezioni di fondi pubblici quindi la tenuta del consumo dovrebbe mantenersi”.

Punto fondamentale per i produttori, secondo Denis Pantini, è diversificare i mercati. Anche secondo Pantini si dovrebbe guardare a Oriente, Cina in primis, senza però tralasciare il Nord America. Impossibile limitare la futura caduta delle esportazioni restando focalizzati solo sui mercati europei.

La crescita del 23% nelle esportazioni venete negli ultimi cinque anni è stata importante, ma al di sotto della media italiana. Ad oggi i principali mercati in cui si riversano i prodotti agroalimentari veneti sono Germania e USA, dal 2016 si vede una crescita importante delle esportazioni in Polonia e Francia.

Silvano Nicolato, vicepresidente del settore vitivinicolo di Fedagri, a proposito dei costi di produzione commenta: “L’instabilità geopolitica ci dà preoccupazioni, ma ci ha anche portato a metterci in discussione e andare avanti: ricercare nuovi mercati, abbattere i costi, innovare. Le bollette arrivano anche a noi, questo ci pone profonde preoccupazioni. Questi conti vanno a erodere le liquidazioni delle uve e che potrebbero farci perdere competitività, ma anche andare avanti: tante cantine per esempio stanno facendo investimenti per auto-produrre energia”.

A confermare la necessità di unirsi per far fronte alla crisi è Cesare Barbero, direttore della piemontese Cantina Pertinace, che racconta: “La nostra cantina, che si trova in una zona artigianale, sta valutando con le altre aziende circostanti di fare un distretto energetico, studieremo la possibilità di collaborare per quanto riguarda la produzione di energia”. Collaborare non è una novità per Cantina Pertinace. Fa parte infatti di una vera e propria rete di impresa, della quale fanno parte anche due cantine venete. L’obiettivo è creare sinergie: condivisioni di clienti, scambio di opinioni e know how su alcune problematiche del mercato. Un approccio che forse si rivelerà vincente anche contro la crisi. 

Autore: M. Faggiani

[ 22 Giugno 2021 by Anna Vittoria Colazzo 0 Comments ]

Marketing automation nell’agroalimentare

Oggi è più che mai necessario aprire le porte al mondo digitale. Se mai avevamo ancora dei dubbi, l’ultimo anno e mezzo li ha spazzati via: essere presenti online è fondamentale per qualsiasi azienda. Questo vale anche per il mondo dell’agroalimentare. In questo settore l’automazione digitale esiste da tempo e si applica frequentemente alla produzione e ai processi gestionali. Oggi abbiamo bisogno di fare un passaggio ulteriore e arrivare ad automatizzare anche le relazioni.

 

Come potenziare il tuo lavoro con la marketing automation

Quante volte ti sei trovato a perdere tempo in visite, rendendoti poi conto che una chiamata sarebbe stata molto più efficiente e meno dispendiosa? E quante volte hai inviato email uguali a persone diverse? Per non parlare del tempo speso a raccogliere i contatti dei clienti, spesso in sistemi non standardizzati che aumentano la confusione e rendono molto lunga la ricerca di un contatto.

Tutti i processi che abbiamo appena descritto possono essere automatizzati. Automatizzare porta a molti vantaggi. Fra i tanti, possiamo sicuramente citarne tre:

  • Hai a disposizione strumenti e software che consentono di moltiplicare le relazioni umane;
  • Puoi eliminare le attività ripetitive per dedicarti a quelle a maggior valore aggiunto;
  • Puoi fare in modo che siano i programmi a portare avanti i processi iterativi. 

Quasi sempre c’è un grave pregiudizio nei confronti dell’automazione delle relazioni: si pensa che, passando alla macchina una parte della gestione, si perderà il rapporto umano con i clienti, penalizzando l’azienda.

Questo non è assolutamente vero, e non dovrebbe preoccuparti: la relazione con le persone è importante quando è proficua per l’azienda e per il consumatore! Molte delle attività citate sopra richiedono troppo tempo rispetto al guadagno ricavato, e in questo gli strumenti digitali possono aiutare. 

La marketing automation è un vero e proprio potenziamento del nostro lavoro. Una strategia di marketing automation ti consente di comunicare ai tuoi contatti nel momento giusto (quindi quando sono davvero interessati) personalizzando i contenuti e offrendo alle persone ciò che vogliono.

 

Vantaggi della marketing automation per l’azienda agroalimentare

In definitiva, quali sono i vantaggi che la marketing automation può portare a un’azienda del settore agroalimentare? Le risposte sono molte e varie, ma possiamo riunirle tutte sotto un grande cappello: la marketing automation aiuta a creare relazioni umane produttive, riducendo le perdite di tempo per l’azienda e per il cliente

Di conseguenza, le attività saranno più produttive e le spese inferiori. Ultimo ma non per importanza, permetterà alla tua azienda di farsi conoscere sempre di più, instaurando fiducia nelle persone e aumentando la tua competitività.

 

[ 22 Giugno 2021 by Anna Vittoria Colazzo 0 Comments ]

La transizione ecologica e digitale di Italia Zuccheri

Italia Zuccheri nasce 60 anni fa  dall’unione alcuni piccoli produttori con una filosofia comune: lavorare la terra nel rispetto della tradizione e restituire prodotti di qualità. I pochi ettari di campo da barbabietola sono diventati 1.300, tutti coltivati in maniera sostenibile per creare il più celebre zucchero 100% italiano.

Il successo non è stato però immediato: è passato attraverso diverse fasi, tutte caratterizzate da grande impegno e collaborazione. Proprio la collaborazione è il cavallo di battaglia dell’azienda: la collaborazione tra famiglie, generazioni, ma anche tra imprese e produttori.

La crescita nella cooperazione

La cooperazione ha reso possibili grandi passi in avanti. I Club della Bietola, nati nel 2014, riuniscono i produttori del territorio e gli istituti di ricerca.   Nel 2017 Italia Zuccheri inizia la produzione dello zucchero nostrano 100% Made In Italy, un’innovazione assoluta per il settore. Nel 2019 parte con l’agricoltura biologica (fra le prime aziende in Europa) e l’anno successivo avvia la filiera sostenibile.

In questi anni la transizione ecologica e digitale esplode come una vera rivoluzione: da azienda con un ettaro di bietola bio, diventa un’impresa che unisce 140 aziende con 1.300 ettari, distribuiti in 7 regioni.

La ricetta di un’azienda leader

Questa crescita esplosiva Italia Zuccheri la deve all’aggregazione e alla ricerca. I produttori hanno imparato a fare sistema, condividendo storie di lavoro e metodi, ma anche ideali e obiettivi. Proprio per valorizzare i produttori, Italia Zuccheri ha fatto dei loro volti l’immagine del packaging dei prodotti.

A proposito di qualità, ricerca e formazione sono state essenziali: formazione per i produttori significa minore rischio e maggiore profitto.

La rivoluzione del bio non ha riguardato solo la qualità dello zucchero, ma anche il trasporto delle merci, il confezionamento, la manodopera.

L’obiettivo di sostenibilità di Italia Zuccheri è quello di rendere tutta la filiera italiana biologica e digitalizzata entro il 2024, dai campi alla tavola. Può sembrare un obiettivo ambizioso, ma la storia di Italia Zuccheri insegna che l’agroalimentare è forte quando fa sistema, quando parte da prodotti naturali per restituire qualcosa alle persone e alla terra. 

Anche un gesto semplice, come aprire una bustina di zucchero, racconta una storia di innovazione e sostenibilità, da cui trarre ispirazione.

[ 22 Giugno 2021 by Anna Vittoria Colazzo 0 Comments ]

Negrar racconta l’Amarone attraverso realtà virtuale

Ogni produttore di vino vuole dare al proprio prodotto il valore che merita. Spesso sul tavolo arriva solo la bottiglia: la storia e i valori che hanno portato all’imbottigliamento si perdono e non arrivano al consumatore. La Cantina Valpolicella di Negrar ha realizzato una soluzione innovativa per raccontare il suo prodotto di punta: un tour virtuale alla scoperta dell’Amarone.

La Cantina

La Cantina Valpolicella di Negrar nasce nel 1933. In un periodo di incertezza politica ed economica, sette imprenditori decidono di unire le forze per costruire una cantina cooperativa. Il loro coraggio viene premiato pochi anni dopo, nel 1936, quando da una battuta di uva dimenticata nasce l’Amarone, il più grande successo della Cantina! Un caso molto fortunato, visto che l’Amarone rappresenta uno dei vini più importanti di tutta la Valpolicella.

Oggi, Cantina Valpolicella di Negrar è una cooperativa che raccoglie 230 soci viticoltori, che da generazioni lavorano una terra preziosa e ne tramandano la storia e la cultura. 

Il progetto Valpolicella VR 360°

L’Amarone, uno dei vini simbolo della Cantina di Negrar, rappresenta un’eccellenza che merita di essere raccontata in tutta la sua filiera. Tuttavia, comunicare storia e origini di un prodotto unico, valorizzarne la tradizione e le caratteristiche non è sempre facile.

Per raggiungere questo obiettivo, la Cantina (da sempre attenta alla ricerca e all’utilizzo di nuove tecnologie) si è lanciata nell’organizzazione di un viaggio nella terra dell’Amarone. Fin qui niente di strano, se non fosse per un piccolo dettaglio: si tratta di un viaggio virtuale

Immagina di immergerti nei vigneti e nella bellezza della Valpolicella classica, di scoprire la storia di una cantina semplicemente indossando un visore. Proprio questo è il grande progetto della Cantina di Negrar: utilizzando la realtà virtuale ha creato un viaggio immersivo nelle proprie origini ed eccellenze. 

Il nome del progetto è Valpolicella VR 360°. Come testimonia questo fortunato caso, tecnologie sempre più accessibili come la realtà virtuale rappresentano un’opportunità da cogliere per valorizzare la tradizione e i prodotti di un’azienda.

Le possibilità sono infinite: dal raccontare una storia al vivere una storia, come nel caso della Cantina Valpolicella di Negrar.

[ 22 Giugno 2021 by Anna Vittoria Colazzo 0 Comments ]

Pasta Sgambaro e la sfida climate positive

Sgambaro produce pasta di alta qualità dal 1947. Una storia familiare lunga tre generazioni, con due punti fermi: la filiera corta d’eccellenza e il rispetto per il territorio e la natura. La sostenibilità è parte della filosofia aziendale e della sua immagine, che racconta prodotti di prestigio realizzati in modo sano e virtuoso. Un percorso di sostenibilità non sempre facile da seguire, ma che Tullio Sgambaro e i figli hanno deciso di percorrere senza mai guardarsi indietro. Con l’obiettivo fissato di diventare un’impresa climate positive.

 

La filiera sostenibile di Sgambaro

Sgambaro ha creato una filiera sostenibile a 360°. Ci è riuscita con pazienza e coerenza, continuando sulla strada verso la sostenibilità senza dimenticare i propri valori. Alcune attività messe in campo da Sgambaro in quest’ottica sono:

  • Collaborazione diretta con gli agricoltori per un grano più sicuro, buono, 100% italiano e senza intermediari;
  • Formazione e attività didattiche con le scuole, per coinvolgere anche i più giovani nella transizione ecologica;
  • Riqualificazione del territorio come la riforestazione di diverse zone d’Italia e la preservazione dell’ambiente lagunare veneziano. 

Tutto questo porta ad ampliare la visione imprenditoriale. Da una piccola aspirazione si crea una rivoluzione: la crescita di Sgambaro verso la sostenibilità è sempre andata in avanti, portandola a conquistare le certificazioni di Grano Duro 100% italiano e a chilometro zero. All’inizio della trasformazione ecologica sembrava un’azienda aliena, un’eccezione che comprendeva pochi produttori. Ora Sgambaro è un’azienda leader che da oltre 20 anni porta avanti la transizione ecologica scegliendo solo grano italiano, utilizzando energia rinnovabile e valorizzando la filiera corta.

 

La sfida: diventare climate positive

Il percorso verso la sostenibilità, naturalmente, non può interrompersi. Il prossimo obiettivo è quello di diventare climate positive entro il 2030, cioè iniziare a restituire alla Terra più di quello che le si toglie. 

Per raggiungere questo obiettivo serve lavorare con impegno e organizzazione, seguendo una visione chiara da applicare in tutti gli aspetti. Questo impegno non giova solo alla terra ma anche all’azienda, che riesce a distinguersi dai concorrenti e a essere premiata dai consumatori, per la qualità dei prodotti e per i valori sposati. Così Pasta Sgambaro resta fedele all’obiettivo che si è posta: fare una pasta eccezionale e migliorare il mondo. 

 

[ 22 Giugno 2021 by Anna Vittoria Colazzo 0 Comments ]

L’arte incontra il vino in Franciacorta: il caso La Montina

Cos’hanno in comune l’arte e il vino, due specialità italiane riconosciute nel mondo? Da questa domanda nasce il progetto de La Montina, un’azienda vitivinicola che è riuscita a unire due mondi apparentemente distinti in un unico percorso sensoriale.

 

Tenute La Montina

Dall’acquisto di un ettaro di terreno in Franciacorta e della Villa Baiana, nel 1986, iniziano i lavori di costruzione della nuova cantina. Nel 1987 arriva la prima vendemmia. Oggi la cantina si estende per 7.450 metri quadrati sotterranei e ha una capacità di stoccaggio di tre milioni di bottiglie di vino. Oltre tutto questo, La Montina e Villa Baiana non sono solo vino, cordialità e cura per il paesaggio: sono anche storia dell’arte e cultura. 

 

Arte e vino in Franciacorta

Il legame con l’arte è nato un po’ per caso, dopo aver ereditato molte opere dell’artista Remo Bianco. Così nasce l’idea di promuovere l’artista, utilizzando come palcoscenico proprio La Montina. Le sculture e i quadri accompagnano la storia e l’evoluzione dell’azienda

Tanto che si arriva alla decisione di aprire al pubblico questa splendida collezione e di creare, nelle Tenute, il primo Museo d’Arte Contemporanea in Franciacorta, che ospita le opere di diversi artisti nazionali e internazionali. L’azienda ha aperto le porte a una nuova filosofia che accomuna gli amanti del vino e gli amanti dell’arte: i visitatori si trovano immersi in un paesaggio sognante, circondati da opere d’arte e vino pregiato.

L’evoluzione della Cantina è andata di pari passo con l’arte, dimostrando che si può comunicare vino senza parlare di vino. Oggi l’azienda conta oltre 15mila persone l’anno solo per le visite enologiche. 

Il caso La Montina dimostra così che esistono molti modi per comunicare i propri prodotti, qui ad esempio si comunica il vino attraverso l’arte. Il segreto è un’intuizione geniale e la capacità di creare legami emozionali tra l’azienda, le persone e il territorio.

 

[ 22 Giugno 2021 by Anna Vittoria Colazzo 0 Comments ]

Alce Nero e i 3 pilastri della sostenibilità

Il marchio Alce Nero riunisce agricoltori e coltivatori accomunati da una forte identità e dalla spinta al cambiamento. Questi due elementi si ritrovano chiaramente nel nome e nel logo dell’organizzazione, che rappresenta il capo tribù degli Indiani d’America Alce Nero galoppare verso in una direzione precisa. Quella direzione, oggi, è la sostenibilità.

 

L’organizzazione

Alce Nero nasce dall’unione del Consorzio Nazionale Apicoltori e la Cooperativa Alce Nero. Insieme, le due realtà hanno da subito iniziato a pensare a un’agricoltura diversa, libera da qualsiasi prodotto chimico e rispettosa della biodiversità. Questo impegno ha fatto crescere la filiera negli anni, fino a coinvolgere circa 14 mila agricoltori. 

L’organizzazione crede fortemente nella sostenibilità, che non insegue di certo per assecondare un trend di mercato o per aumentare la sua competitività: si tratta di un valore che la accompagna dalla sua nascita. Gli agricoltori e i trasformatori biologici che hanno fondato Alce Nero praticano, da più di 70 anni, un’agricoltura biologica che cura territorio e prodotti

 

Cosa significa sviluppo sostenibile per Alce Nero

La definizione data dalla stessa organizzazione parla chiaro: sviluppo sostenibile significa “indirizzare le nostre vite e il nostro agire verso il proposito di una prosperità, in cui le persone possano realizzarsi raggiungendo maggiore coesione sociale e benessere più equamente condiviso, nel rispetto fondamentale e imprescindibile dei limiti fisici e biologici del Pianeta Terra”.

Un legame con il territorio che non si instaura quindi solo a livello agricolo, ma anche industriale e commerciale. L’impresa poggia sui tre pilastri della sostenibilità: ambientale, sociale ed economica. Ognuno di questi tasselli è necessario per sostenere il processo.

Il ragionamento nasce anche dalla consapevolezza che il settore agroalimentare è uno dei maggiori responsabili del cambiamento climatico, e sarà anche uno di quelli che subirà maggiormente i suoi effetti. Lavorare la terra con cura e passione diventa l’unico modo per preservare il proprio futuro di impresa. 

Un’avventura, quella di Alce Nero, che si estende per 10 mila ettari convertiti al biologico in continua crescita. Un’avventura che possiamo intraprendere tutti.

 

[ 22 Giugno 2021 by Anna Vittoria Colazzo 0 Comments ]

Amorim Cork: produrre slow in un mondo fast

Completamente naturale, riutilizzabile e riciclabile: il sughero è perfettamente in linea con la consapevolezza ambientale della società contemporanea. Il progetto Suber di Amorim Cork dimostra come realizzare una filiera sostenibile a partire da un oggetto apparentemente semplice come il tappo di sughero.

 

 

L’azienda

Amorim Cork Italia nasce nel 1999 come filiale italiana del Gruppo Amorim ed è l’azienda leader nel Paese per la produzione e vendita di tappi in sughero. Fin da subito, Amorim Cork ha basato la sua attività sull’adozione di pratiche sostenibili coerenti con le caratteristiche del sughero: un materiale naturale e riutilizzabile.

 

 

 

Il progetto Suber: un esempio di circolarità

 

La storia di un tappo di sughero parte da molto lontano. Il sughero si ricava dalla corteccia del Quercus Suber, un albero che può vivere fino a 200 anni ed essere decorticato dalle quindici alle diciotto volte nel corso della sua vita. 

 

L’albero da sughero è una pianta di enorme valore e un esempio perfetta armonia tra natura e uomo. Infatti, del sughero si può utilizzare tutto, perfino la polvere. Proprio perché può essere usato in varie forme, si inserisce con naturalezza in qualsiasi modello sostenibile di produzione vitivinicola (ma non solo).

 

Su questa idea è stato costruito Suber, il progetto etico di Amorim Cork. Nel 2011 l’azienda ha sposato la causa di ben 45 onlus impegnate nella raccolta di tappi usati, riunendole sotto un unico modello. Come funziona?

 

I tappi raccolti dai volontari vengono condotti in un centro di macinatura, dove vengono trasformati in polvere di sughero, che può essere utilizzata nei modi più diversi. Dalla polvere di sughero, infatti, si possono ottenere molti prodotti, come:

 

  • Energia, se viene bruciata;
  • Oggetti di design;
  • Pavimenti e isolanti.

 

La linea Suber produce in particolare lampade, tavolini, comodini e oggetti di decorazione per interni, prodotti unici di forte personalità. In questo modo un tappo di sughero può evolvere in oggetti diversi, tornare a essere utilizzato in forme nuove. Si crea quindi un modello di economia circolare che promuove la sostenibilità ambientale, la sostenibilità economica e quella sociale, grazie al coinvolgimento di ONLUS e di volontari. Così i doni della nostra terra tornano ad assumere nuovi preziosi valori, creando benefici per l’ambiente e le aziende.

 

[ 22 Giugno 2021 by Anna Vittoria Colazzo 0 Comments ]

La certificazione FSC aumenta la responsabilità ambientale

È difficile non riconoscere il marchio FSC® quando lo si incontra: lo troviamo sui prodotti più diversi, dalla carta agli arredi, dai prodotti di imballaggio fino agli pneumatici, per identificare tutto ciò che proviene da foreste controllate. In molti settori, e in particolar modo in quello agroalimentare, ottenere la certificazione FSC rappresenta un grande prestigio dal punto di vista della responsabilità sociale.

Prendersi cura delle foreste

FSC è un’organizzazione internazionale non governativa che da 25 anni si impegna a promuovere la salvaguardia delle foreste. I problemi della deforestazione e del degrado ambientale sono purtroppo molto attuali e rappresentano una minaccia per interi ecosistemi naturali e per le generazioni future.

Il valore delle foreste tocca tantissimi aspetti dell’economia e della vita delle persone. Esse sono fondamentali per la biodiversità, per le risorse d’acqua, per lo stoccaggio di CO2. In questo contesto, un’impresa agroalimentare che sposa la sostenibilità e il rispetto per il territorio, rappresenta un aiuto anche per le foreste. Non a caso, proprio l’agroalimentare è il settore più interessato in Italia al marchio FSC.

I vantaggi della certificazione FSC 

Il marchio FSC identifica i prodotti che contengono legno (o suoi derivati) proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. 

Sono sempre di più le aziende agroalimentari che decidono di adottare gli standard di certificazione FSC. I benefici di questa scelta si muovono in due direzioni precise: da un lato la salvaguardia dell’ambiente, dall’altro il valore che l’azienda ottiene in termini di reputazione.

Le organizzazioni che adottano il marchio FSC dimostrano di essere attente alla sensibilità del consumatore, sempre più attento ai temi della sostenibilità ambientale. Una certificazione FSC dimostra alle persone che la tua azienda è:

  • Rispettosa dell’ambiente;
  • Socialmente utile e impegnata in una causa;
  • Economicamente sostenibile.

Si tratta di tre aspetti fondamentali per gettare le basi di un modello di economia circolare. Scegliendo prodotti controllati e ottenendo la certificazione FSC, la tua azienda farà un passo molto importante verso un assetto sostenibile, in perfetto equilibrio fra profitto aziendale e salvaguardia delle foreste.

[ 22 Giugno 2021 by Anna Vittoria Colazzo 0 Comments ]

Caviro: un modello di economia circolare dove lo scarto è un valore

Il modello di produzione di Caviro si basa su due elementi imprescindibili: la cura del territorio e la circolarità. La tradizione romagnola da sempre insegna ad utilizzare tutto, valorizzando anche quelle parti del ciclo produttivo spesso considerate rifiuti. In questo modo Caviro ha realizzato un nuovo modello di economia circolare, tra le più importanti case history a livello europeo.

 

La Cooperativa

Caviro nasce nel 1966 nel cuore dell’Emilia Romagna. Fin da subito l’attività ruota attorno agli scarti della vigna, al loro valore nascosto e alle opportunità che rappresentano.

Oggi Caviro unisce 12.400 piccoli viticoltori e oltre 36mila ettari di vigne. È la più grande cooperativa vitivinicola d’Italia e la prima per volumi di vino prodotti, dato che commercializza circa il 5% del vino prodotto in Italia. Tutti i soci produttori lavorano condividendo lo stesso obiettivo: valorizzare e preservare ogni risorsa della vigna, per garantire un futuro sostenibile alle prossime generazioni. 

 

Il modello circolare di Caviro 

La salvaguardia ambientale è la missione primaria di Caviro. Negli ultimi anni l’azienda ha investito oltre 100 milioni di euro per strutturare il suo nuovo modello di economia circolare. Si tratta di un ecosistema in cui il riciclo e la rigenerazione dei prodotti e dei materiali permettono di ridurre alla fonte l’impiego di materie prime ed energia.

Tutto parte, naturalmente, dalle vigne. Ognuno dei filari possiede delle caratteristiche territoriali peculiari e racconta una storia che viene rispettata e valorizzata. Dalla lavorazione del vino si ottengono tonnellate di materia prima: feccia, vinaccia, vinaccioli e raspi. Per molto tempo (e purtroppo ancora oggi) questi sono stati considerati materiali di scarto, un peso da smaltire privo di utilità per l’azienda.

Per Caviro, invece, sono ingredienti di grande valore. Attraverso competenze tecnologiche e processi di estrazione di prodotti nobili, da queste “materie di scarto” si ottengono alcol, acido tartarico, mosti e altri estratti, che diventano nuova materia utilizzabile.

Le materie esauste che rimangono dalla lavorazione vengono utilizzate per produrre energia. Grazie agli impianti di digestione anaerobica si producono energia elettrica, termica, biometano e bioetanolo – quest’ultimo usato, ad esempio, per i trasporti.

Dopo la produzione di energia, dalla massa esausta si ottiene un fango naturale che ritorna alla terra come fertilizzante. Così si crea un circolo virtuoso che salvaguarda l’ambiente e riduce gli sprechi e i costi di produzione per l’azienda.

Il modello di Caviro è un esempio di sostenibilità ambientale, ma anche sociale ed economica. Ne sono prova i bilanci, che riflettono la solidità di una cooperativa vitivinicola unica.